L’infarto acuto del miocardio (AMI) spezza le membrane delle cellule cardiache, rilasciando le proteine cardiache intracellulari nel sistema vascolare.
Si è riscontrato che alcune proteine, inclusa la mioglobina, la Creatin Chinasi-MB, la Lattato Deidrogenasi di tipo 1 (LD1), e le sottounità di Troponina cardiaca I e T, sono utili nella diagnosi dell’AMI.
L’utilizzo clinico ottimale di ogni marcatore dipende dalle caratteristiche della proteina specifica.
La mioglobina, il più piccolo dei marcatori, si diffonde rapidamente nel sistema vascolare e fornisce la prima indicazione della presenza dell’AMI.
I livelli di mioglobina si elevano a partire da 0,5–2 ore dopo l’inizio del dolore al petto e raggiungono il picco massimo entro 5–12 ore.
I reni eliminano rapidamente la proteina da 17,8 kDa dal sistema, restaurando concentrazioni circolanti normali entro 16–36 ore.
Poiché la proteina viene eliminata rapidamente dal sistema, le concentrazioni di mioglobina indicano in maniera attendibile una recidiva. Inoltre, le misurazioni di mioglobina possono precludere l’AMI: due misurazioni basse consecutive, la prima all’accettazione del paziente e la seconda 1–2 ore dopo, forniscono una previsione negativa circa l’AMI in quasi tutti i casi.
Le misurazioni della mioglobina forniscono una rilevazione precoce della riperfusione dopo trattamento trombolitico.
Alcune condizioni non collegate producono livelli elevati di mioglobina, diminuendo la specificità del dosaggio.
La mioglobina è parte del metabolismo aerobico delle cellule muscolari scheletriche e cardiache, e livelli elevati accompagnano vari traumi muscolari.
L’insufficienza renale ed altri problemi collegati ai reni producono livelli elevati di mioglobina. La maggior parte delle complicazioni hanno sintomi clinici distinti che consentono una diagnosi differenziale attendibile.

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